«Donne fino a epoca contraria» di Adelaide J. Pellitteri

Leggi un libro. Mettiti in ascolto. Scrivi ciò che ti rimane

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Vi presento il libro «Donne fino a epoca contraria»di Adelaide J. Pellitteri e, in coda, quattro chiacchiere con l’autrice.

Il bellissimo libro di Adelaide è una raccolta di racconti sulle Donne di ieri, oggi e domani. Fotografie crude, penellate invase di una quotidianità sconcertante di donne figlie e madri, ingenue e stronze, forti e deboli, ignoranti e scienziate.

La storia ci insegna che le donne non sono state trattate affatto bene. Se anche la cronaca ci suggerisce che poco è cambiato, come possiamo sperare in un futuro diverso? La donna saprà affrancarsi dal ruolo imposto dalla biologia, o sarà per sempre ingabbiata nelle sue perenni gabbie culturali? I racconti della Pellitteri, intrisi di una sensibilità femminile palpabile esplorano la predestinazione di un ruolo, la sottomissione, la cultura della molestia, fino a esplorare il futuro, in un bellissimo esercizio prossimo alla fantascienza.Confesso che per me leggere questo libro è stata veramente dura. Pur non aggiungendo fatti a quanto già sapessi, la mancanza di una speranza mi fa male, ma era da leggere. Non mi costava nulla lasciarlo in un angolo, ma dovevo chiudere il percorso tratteggiato da Adelaide con una scrittura semplice, precisa ed estremamente coinvolgente.Estratto dal racconto “Camurria”.«Mia zia, sorella di mamma – quella che mi ha spiegato come era prima il mondo – mi racconta sempre di avere avuto una mamma fata. Per lei inventava giochi e faceva magie, tipo fare apparire delle frittatine profumate (e secondo me era una mamma cuoca), le cuciva i vestiti per carnevale (e secondo me era una mamma sarta) e una volta l’ha pure salvata da un cane che voleva morderla (e io penso che era anche una mamma eroe). Credo che la zia abbia avuto un colpo di fortuna di quelli che papà chiama “colpo di culo”. Ma non ho capito se lei e la mia mamma hanno avuto la stessa mamma. Un giorno glielo chiederò.»

Ho avuto anche la possibilità di fare quattro chiacchiere con l’autrice. Potevo fare un video? Si. Un podcast? Anche. Io, invece, amo scrivere e, banalmente, chatto.
#Redazione «ciao Adelaide, ti ho inviato la mia recensione. Dimmi se mi sono perso qualcosa».In realtà le mie non sono recensioni, sono commenti. Il mio motto è “leggi un libro, senti cosa ti dice, scrivi cosa ti rimane”: #leggisentiscrivi. Per me è una sfida importante, per dare valore al tempo impiegato a leggere: significa che mi devo mettere in gioco nel tentativo di cogliere ciò è rimasto attaccato dopo il passaggio delle parole: niente valutazione letteraria, puro sentimento. E’ una sfida al buio. Quello che segue è il dialogo con l’autrice, via chat, che si svolge nell’arco di qualche giorno.
#Adelaide «Non ti sei perso nulla, e ti sono grata per queste parole belle e centrate. Il mio scenario è apocalittico. Alcune donne rimarranno madri nonostante tutto, altre le abbiamo già perse.»
#Io: «Ok. La frase sulla perdita della speranza l’avrò riscritta non so quante volte. Avevo paura di non aver capito: di esagerare o di essere troppo superficiale. Sicura che ti piaccia? La posso pubblicare? »
#Adelaide: «Va benissimo così. grazie”
#Io: «Grazie a te di aver scritto questo libro. Non so dove hai trovato la forza di affrontare tutti quegli scenari»
#Adelaide: «Ho cercato di scavare a fondo, di immaginare le conseguenze, insomma ho calcato la mano. In sintesi qualunque meta possano raggiungere, qualunque diritto possano conquistare perderanno ogni volta qualcosa, (le donne n.d.r) vivranno sempre un’epoca contraria. »
#Io: «Ma, libro a parte, lo pensi veramente? È il tuo pensiero o è un pensiero che hai intercettato e coltivato? »
#Adelaide: «Nel mio libro c’è anche provocazione. Però, vedi, io sono convinta che la donna abbia un ruolo importantissimo nella società ed è quello di educatrice sociale, cioè: finché una madre riesce a educare (bene) i figli, per la società c’è speranza. Non è un ruolo riduttivo, piuttosto penso che lo sia diventare cassiera, segretaria, banconista… a scapito della società umana, foraggiando quella commerciale (non tutte siamo Rita Levi Montalcini, Margherita Hack e via discorrendo). La società però cambia ed è giusto che ci sia un’evoluzione ma in tutto questo chi rimane inchiodato allo stesso punto (ruolo) è l’uomo, e allora non c’è progresso per la donna. Se lei deve comunque farsi carico di tutto, ogni cosa le riuscirà male. Il discorso è molto lungo e complesso. Che adesso qualche uomo sia in grado di stirarsi le camicie non è evoluzione, ma adattamento. Non so se riesco a spiegarmi. La donna avendo un carico eccessivo sia fisico (se deve partorire occuparsi della famiglia) del lavoro e delle proprie passioni che danno sapore alla vita, è ovvio che non può farcela. Se non ha un compagno all’altezza, ogni sforzo è vano (e anche qui si torna al ruolo di educatrice sociale; la donna deve educare l’uomo e portarlo all’evoluzione vera, compreso il rispetto per essa, “inculcando” la non violenza nei suoi confronti, e verso tutti in generale, nel bambino). L’evoluzione della donna in questi ultimi tempi a me fa un po’ paura, mi pare che tra tutte le conquiste quella che le stia riuscendo meglio sia imitare gli uomini nel loro aspetto peggiore. Alla fine cosa le sta costando tutta questa libertà che è riuscita a conquistare con decenni di lotte? Solitudine sentimentale (o instabilità nei rapporti), rinuncia alla maternità per la propria affermazione (che non sempre viene raggiunta ai massimi livelli) e in più criticata perché ha abbandonato la famiglia e questa si è sgretolata. Non voglio tediarti più di tanto che poi sembra che ti faccio il sermone dal pulpito 😂 Spero solo di essere riuscita a farmi capire. »
#Io: «quando dici “è ovvio che non può farcela”, cosa intendi? a fare che cosa?»
#Adelaide: «A fare e ad essere tutto: lavoratrice, madre, moglie (compagna), qualche ruolo deve per forza lasciarlo. Ho ascoltato tempo fa l’intervista di Giulia Maria Crespi, una tra le prime donne manager italiane che ha diretto il Corriere della Sera alla morte del padre. All’età di 92 anni (intervista rilasciata a Pane quotidiano del 2016 condotta dalla giornalista Concita De Gregorio) ha dichiarato che la donna dovrebbe lavorare solo mezza giornata per occuparsi dei suoi figli. A tale affermazione la giornalista le ha detto: Scusi lo dice lei che è stata una delle prime donne manager!? E lei ha risposto: “Da madre so di avere fatto molti torti ai miei figli”. “Ecco – ho pensato – , e siccome i figli non sono solo quegli ometti che teniamo in braccio, ma uomini che andranno per il mondo a fare danni o cose prodigiose, allora è facile comprendere quanto sia importante il ruolo della madre»
#Io: «L’argomento è molto delicato, discusso, sempre di cronaca. Per me è molto sentito. A livello media, però, si sta vivendo un’esasperazione dell’argomento. Da una parte ci sono i soliti “marte contro venere”, poi ci sono gli argomenti seri sulla cultura non paritetica, poi il dramma delle violenze. Si parte da un problema antropologico, passando per uno culturale per arrivare a un problema di sicurezza, mescolando tutto e creando la fazione uomo e la fazione donna. Le fazioni non hanno mai portato a nulla di buono: hanno sempre esasperato le situazioni senza portare a un cambiamento reale.»
#Adelaide: «Concordo pienamente”
#Io: «Hai avuto problemi per il tuo libro? Ti hanno mai attaccata per aver fotografato questa mancanza di speranza?»
#Adelaide: «Solo un circolo femminista ha rifiutato la presentazione perché letto il libro, la responsabile non lo ha ritenuto adatto alla loro associazione»
#Io: «qual è il tuo racconto più sentito, o a cui sei più affezionata?»
#Adelaide: «Non saprei, ogni racconto viene da una spinta forte quindi… »Ecco, su questa domanda devo insistere, perché so che per un autore è difficile scegliere un personaggio o in questo caso, un racconto. Si ha paura di fare torto agli altri.
#Adelaide: «Notte d’aprile sicuramente ha un posto nel mio cuore. Anche il racconto La conta l’ho sentito molto, ma non posso non citare I disordini del cuore, che poi è un po’ il fulcro del libro»
#Io: «Grazie Adelaide. Tu sai che anche io provo a scribacchiare. Per me più che i risultati, forse perché sono modesti, conta la motivazione. Qual è la tua motivazione a scrivere e pubblicare. Quale è stato l’interruttore che ha acceso la lampadina?»
#Adelaide: «La pancia perché, alla fine, proprio lei non ha voluto trattenere più niente e mi ha fatto riversare tutto nero su bianco. Il risultato è un paio di scarpe strette, sì, scomodine.»
#Io: «Purtroppo proprio oggi le affermazioni della Palombelli stanno rimbalzando in ogni direzione. Dall’altra parte c’è un articolo sul Corriere della Postorino ( https://www.facebook.com/583549329/posts/10159635439119330/ ) dove, alla fine, sottolinea che la soluzione è ‘lavorare insieme donne e uomini’. Sulla prima mi sembra ci sia poco da commentare. La parola ‘insieme’ è la chiave, ma visto ciò che è accaduto durante la pandemia, temo non avverrà mai»
#Adelaide: «Concordo sulla parola “insieme”, come ho già detto, se l’uomo non si evolve con noi aumenterà il divario e finiremo per creare una frattura profonda difficilmente risanabile. Riconoscere l’importanza della donna (mi riferisco a quella sensazione di inferiorità provata dalla Postorino) è fondamentale, solo che l’impostazione odierna è errata: oggi vali se sei indipendente. Punto. Non importa quello che fai, l’importante è poter dimostrare che puoi fare a meno dell’uomo. Ok, voglio farti un esempio: Un ingegnere (uomo o donna) progetta un palazzo, arrivano i manovali (uomini o donne) e tirano su il disegno dell’ingegnere fino a farlo diventare un palazzo vero, bello, con tanto di balconi e terrazzi. Ora ammetterai che è da stupidi fare i complimenti solo all’ingegnere giacché senza i manovali non ci sarebbe stato nessun edificio, così come non ci sarebbe stato senza l’ingegnere. Ecco cosa vuol dire cooperare: avere entrambi lo stesso valore. L’importante è che tutti i ruoli siano coperti con efficienza. Acquisire consapevolezza del proprio valore nella società, in quanto donna, è progettare realmente un futuro migliore. In fine, mi hai chiesto se c’è speranza. Io credo che occorra risvegliare le coscienze, ho molta fiducia nella donna, solo che oggi e sobillata da messaggi sbagliati; lei ha capacità inespresse a non finire, quindi la ritengo capace di tirarsi (e tirarci) fuori dai guai, per questo voglio concludere con questa mia frase: Dio si stancò di star dietro agli uomini e li abbandonò a loro stessi, la donna si rese conto del pericolo che correva l’umanità e, allora, si rimboccò le maniche e ricreò il mondo.»
#Io: «Grazie Adelaide. Ti auguro il meglio per il tuo libro»E la ringrazio ancora, per il tempo che mi ha dedicato. E oltre alla tema del libro, lasciatemi sottolineare che quest’autrice si è prestata a conversare con uno sconosciuto per amore del suo libro, del messaggio che la pancia le ha costretto a scrivere. Questo è lo spirito di tantissimi emergenti: l’amore per la propria creatura, che va ben oltre la mera pubblicazione.

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