Chet Baker

Ricordando …

Il Capolinea era un locale jazz della vecchia Milano. Lo trovavi sul naviglio, direzione Abbiategrasso, lontano dalla moda e dalla mondanità di Porta Ticinese, dalla darsena e da Porta Genova. Ci dovevi andare apposta al Capolinea, cercarlo nella nebbia, come Chet Baker.

Lo scoprii in quel locale, sulla copertina di un disco. “at Capolinea”, registrato nel 1983, in una formazione quasi tutta Italiana: Bruno Martino (Piano), Bruno Brighetti (paroliere), Nicola Stilo(chitarra e flauto), Riccardo dal Frà (basso), JJ Johnson (trombone), Leo Mitchell (batteria), Diane Vavra (sax). Chet Baker è l’immagine di un trombettista senza denti, gli occhi spiritati, come un bambino nato già vecchio. Un’anima delicata e tormentata del jazz americano. Come del resto è la sua musica. Nella mia playlist è vicino a Nina Simone, non per affinità musicale, ma per quella sofferenza che ti avvolge ad ogni ascolto. La tromba di Chet non è mai invadente, sussurra in una confessione continua. E l’intimità è la dimensione dove riesce a essere il migliore di tutti. In un’intervista disse che doveva tutto a Charlie Parker, che lo scelse tra migliaia di altri in un’audizione, validandolo come musicista e come uomo. La droga lo distrusse, come tanti nel mondo del jazz. Oggi sarebbe il suo compleanno (23 dicembre 1929 – 13 maggio 1988).

JOHN LENNON

Ricordando …

John Lennon

Il 9 ottobre 2021 John Lennon avrebbe compiuto 81 anni. Lennon, che lo dico a fare, era uno dei Fab Four, i Beatles, i quattro ragazzi che hanno cambiato la storia della musica. Era l’autore di molte delle canzoni di quella rivoluzione, l’artista che ha influenzato il mondo tramite la sua musica, le sue poesie. Anche il suo abbigliamento.Lennon voleva andare oltre l’ambito musicale, usando la propria influenza mediatica per invocare e sostenere la pace. Non l’assenza della guerra, ma la pace che viene dall’unione degli interessi comuni degli uomini. Riuscì, però, giusto a piantare un seme di speranza prima che potesse realmente fare la differenza. La sua vita è stata recisa, quasi 41 anni fa, l’8 dicembre 1980.Il mio problema con Lennon è che è diventato un personaggio dai contorni mitici. Pensiamo solo a “Imagine”. Per tutti è una bella canzone risplolverata ogni natale. Invece è una canzone chiaramente politica. Lo stesso Lennon la descrisse come “virtualmente un manifesto del comunismo” (sarà anche per questo che finì sotto controllo della CIA?). Anche se Lennon dal comunismo prendeva le distanze, qualcuno lo ha preso molto più alla lettera; ricordate l’intervista con Forrest Gump? Chissà se oggi questa canzone mantiene il suo spirito pacifista o invece, come affermano alcuni detrattori, rappresenta solo un inno all’omologazione mondialista. Chissà se ispira ancora le coscienze, o solo acquisti natalizi.Come la cronaca ci dimostra, la presenza dell’uomo che ebbe il coraggio di lasciare i Beatles è ancora calda, ma il suo spirito? Chi ha preso il testimone di Lennon? Bono? Clooney? Tutti troppo politically correct, probabilmente. Non me li vedo portare avanti una vera protesta ignorando ogni decenza mentre sono al vertice della loro carriera. Forse sono un idealista, ma Lennon me lo vedo a esultare sul muro di Berlino mentre viene fatto a pezzi. Lo vedo con l’uomo di piazza Tienanmen, alla testa della rivoluzione cantata. Nella rivoluzione arancione, nelle rivoluzioni arcobaleno, forse anche nella primavera araba. Me lo vedo a testa bassa, cupo, sul suo pianoforte durante le Guerre del Golfo, o in Palestina. Forse l’avrebbe alzata quell’11 settembre a New York.Io lo voglio immaginare ancora vivo, tra di noi, come nel film Yesteraday (correre a guardarlo), forse stanco della guerra e della lotta. Forse addirittura ritornato un po’ bambino come tutti dovremo, prima o poi. Me lo vedo li, mentre a qualsiasi nostra domanda risponde semplicemente: All I need is love, love, and love is all we need.Sarebbe un bel compleanno, John.